L'inizio è facile da individuare. Eravamo al sole, vicino a un cerro che ci proteggeva in parte da forti raffiche di vento. Io stavo inginocchiato sull'erba con un cavatappi in mano, e Clarissa mi porgeva la bottiglia - un Daumas Gassac del 1987. L'istante fu quello, quella la bandierina sulla mappa del tempo: tesi la mano e, nel momento in cui il collo freddo e la stagnola nera mi sfioravano la pelle, udimmo le grida di un uomo. Ci voltammo a guardare dall'altra parte del prato, e intuimmo il pericolo. L'attimo dopo, correvo in quella direzione. Si trattò di un rivolgimanto assoluto: non ricordo di aver lasciato cadere il cavatappi, né di essermi rialzato, di aver preso una decisione, né di aver sentito la raccomandazione che Clarissa mi rivolse. Che idiozia, lanciarmi dentro questa storia e i suoi labirinti, allontanandomi di volata dalla nostra felicità, tra l'erba tenera di primavera accanto al cerro. Un altro grido e l'urlo di un bambino, affievolito dal vento che spazzava le chiome alte degli alberi lungo le siepi. Accelerai la mia corsa. A quel punto, improvvisamente, altri quattro uomini stavano convergendo sul luogo dell'incidente, correndo con me.
Ian McEwan. "L'amore fatale" Einaudi Editore
Assistere all'incidente di un pallone aerostatico sconvolgerà la vita di Joe Rose, divulgatore scientifico, uomo di scienza, perchè durante il soccorso si imbatterà in Jed Parry, fanatico religioso che si convince, non solo di essersi innamorato di Joe Rose ma di essere da questo ricambiato.
McEwan pone dunque con questo libro una domanda: esiste un modo ragionevole di essre innamorati? Esiste una passione amorosa che non sia di per sè stessa estrema?
1 commento:
@amanda di questo ci devo ragionare su o forse devo acculturarmi nel leggere il libro per intero.
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