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31 luglio 2012

La pesca veloce

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Aveva le guance ancora paffute dell'infanzia e le gambe lunghe dell'adolescenza; indossava un floscio cappello di rafia ed aveva l'aria indolente, la lenza puntava dritto davanti a lui.
Lo osservavo e solo dopo un po' mi sono resa conto dell'assurdo contesto e mi sono domandata e gli ho domandato quasi contemporaneamente "ma che si pesca lì?" , "ma come fai a pescare così?".

Sedeva voltando le spalle alla direzione di marcia e procedeva davvero veloce, stava seduto su un razzo, le spalle all'ogiva e filava così rapido che ebbe solo il tempo di dirmi sorridendo , di uno di quei sorrisi beffardi tipici di quell'età: "polvere di stelle, che altro?" Poi la nuvola si è dissolta, di lui e del suo razzo nessuna traccia.

Chissà se ha fatto buona pesca, non gli ho neppure potuto consigliare lo SMOVAN in alternativa

11 luglio 2012

Delirio d'estate

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Le cicale frinivano stizzosamente,  si poteva capire,  era un verso incazzato, una volta d'estate cantavano nelle campagne, ora si trovavano sui pochi fili d'erba che resistevano al cemento, nemmeno i detenuti di San Vittore disponevano di meno spazio, e, giustamente, rivendicavano i bei tempi andati. La donna stava lì alla fermata del tram i vestiti appiccicati dal sudore, il battito accelerato del cuore che cercava di far salire una pressione che virava verso minimi storici, la testa vuota di qualsivoglia immaginazione, già partita per le sue vacanze, mentre il corpo dissociato marciava a passo lento, andamento da bradipo, verso il posto di lavoro, non un sogno, neppure quelli che inciampano per sbaglio nei cuscini , tutto azzerato, non un'idea che nascesse spontanea, non uno stimolo capace di risollevare il cervello bollito, aspettava la decomposizione o un temporale

20 giugno 2012

Sindrome di Stoccolma

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Un giorno sparì una parola, la cercarono per mari e monti, scrissero perfino a "Chi l'ha visto?", scoprirono sue tracce fino a pochi istanti prima della sparizione. La Sciarelli rassicurò che sarebbe stato un gioco da ragazzi con tanti indizi scovarla, ma nulla, non si trovò mai più. Poi venne il momento di un verbo, per quello si parlò perfino della richiesta di un ingente riscatto,gli inquirenti si appostarono al momento dello scambio, probabilmente il rapitore se ne avvide e del verbo si persero per sempre le tracce. Poi in ordine cronologico vennero a mancare avverbi, pronomi, aggettivi, di questi ultimi poi una marea, colori. I genitori dei complemento oggetto li tenevano in casa, non permettevano loro di uscire con gli amici, i timori rimbalzavano, le ansie crescevano e si ingigantivano a vicenda, in breve si viveva nel terrore. Un vecchio vocabolario disse : "Ai miei tempi la vita era un'altra cosa" non poterono che condividere il suo mesto pensiero.
Poi un giorno la prima parola sparita fece ritorno, ma non era più la stessa, anni di prigionia l'avevano mutata, le sue stesse radici etimologiche stentavano a riconoscerla, la convivenza col rapitore l'aveva piegata e vinta nell'animo, parlava del suo sequestratore con grande riconoscenza, ne tesseva le lodi, e dato che al momento del rapimento era maggiorenne, e poichè non denunciò mai quell'uomo, solo dopo molti anni si seppe che viveva autoreclusa nelle stesse pagine del manoscritto in cui lui l'aveva imprigionata. Quando la redazione di "Chi l'ha visto?" andò ad intervisarla scoprì che nello stesso libro vivevano il verbo, gli aggettivi , gli avverbi, insomma tutte quelle forme grammaticali e sintattiche di cui da anni si erano perse le tracce e le cui sparizioni non erano state connese le une alle altre. Si era formata una comunità a causa di quei gesti efferati, tuttavia vivevano in armonia, nel rispetto reciproco, e ciò che si era venuto a creare non solo allietava tutti quei poveri infelici, ma finì col dare grande lustro al rapitore, di lui si seppero anche nome e cognome, lo sciagurato divenne molto famoso. Possiamo a posteriori parlare di un vero caso di Sindrome di Stoccolma

19 giugno 2012

Lungo il fiume, sull'acqua

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Osservava, a tratti, gli oggetti familiari nella stanza tenuamente illuminati dalla luce esterna che giungeva filtrata dalle stecche degli scuri, aperte per riconquistare il fresco sottratto dalla calura dell'estate incipiente. Le notti in città non conoscevano più il buio. Poi lasciò che le palpebre pesanti reinventassero l'oscurità. Fu proprio allora che il respiro regolare dell'uomo che giaceva al suo fianco creò un ritmo e, dopo poco, con il ritmo venne l'immagine, e con l'immagine tornarono i colori ed anche i suoni, suoni d'acqua. Immaginò o, forse no, sognò di essere su una canoa. Vogava a ritmo lento, il respiro cadenzato dell'uomo addormentato era l'incitazione del timoniere; la canoa procedeva solenne. Nel sole basso del tardo pomeriggio si godeva il quasi impercettibile rollio dell'imbarcazione e lo sciabordio dei remi che fendevano l'acqua, ogni tanto verso riva scorgeva delle papere che si beavano al fresco delle canne, dei salici protendevano le fronde verso l'acqua del fiume. Per un attimo pensò: che fine hanno fatto tutti i salici piangenti che popolavano le estati della mia infanzia, che davano quel tocco romantico ad ogni corso d'acqua? Passano di moda anche gli alberi, come le razze canine, come gli abiti degli stilisti? Una nutria procedeva rapida si fingeva olimpionica ma era solo furba non sfidava la corrente, la cavalcava. Ora anche il  respiro della donna si era fatto ritmato e non sapremo mai fin a dove ha risalito il corso del fiume

12 giugno 2012

Smarrita

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Tony Curanaj, Girl in White, Oil on Canvas, 30 x 24 inches, 2009


ed improvvisamente si rese conto che
se anche avesse avuto la certezza di trovarlo
non avrebbe saputo chi cercare,
credeva di averne imparato gli odori ed i sapori
conosceva i colori di cui amava vestirsi
poteva ricordare a memoria quella nuova ruga che
creava il giusto mix tra ironia e stupore della vita
ma le aveva tracciato mappe di parole ed immagini
che portavano al nulla
e poi era uscito
chiudendo piano la porta
e senza portare  nulla di lei con sè

22 maggio 2012

Bersagli

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Taylor - sua madre non si era persa una puntata di Beautiful, e si era scoperta in attesa di lei quando ancora l'attrice che le dava un volto  non aveva barattato il suo con una maschera di gomma - vestiva in modo vistoso ed anche col trucco non ci andava leggera e si muoveva in modo sinuoso e provocante ma sotto quella maschera, che le serviva a darsi un tono, era una donna semplice e trasparente.
Ci aveva messo anni ma aveva, col tempo, imparato la tecnica. Sapeva che non doveva guardare l'uomo quando il colpo partiva, sapeva di dover lasciare viaggiare la mente ed aspettare il sibilo, poi l'impatto.
In quel momento per esempio stava pensando a quella volta che lui l'aveva portata a cena in quella trattoria sulle colline ed alla fine della cena era comparso quel minuscolo pacchetto e quando lei l'aveva aperto il cuore era parso scoppiarle nel petto, molto più di ora con i colpi che si ripetevano, uno dietro l'altro inesorabli, oppure a quella volta in cui lui le aveva fatto trovare modificata la suoneria del cellulare scaricandole di nascosto la loro canzone.
I colpi ora si facevano più vicini al volto, ma lei sapeva:" mai chiudere gli occhi, mostrati indifferente, tra poco finisce anche questa volta". Quando la lama le sfiorò il volto ed il silenzio teso si trasformò in un applauso, potè concentrarsi sull'uomo che amava senza timore di distrarlo. Ha un suo prezzo innamorarsi di un lanciatore di coltelli

10 maggio 2012

Offerta speciale

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Non sapeva resistere alle offerte speciali: hai presente paghi uno prendi due o paghi due prendi tre? Ecco lei acquistava confezioni e confezioni di parole.
Quelle si accumulavano nella sua dispensa specie a fine stagione, vorrai mica rinunciare ai saldi?
Si sedeva a tavola, apriva la sua brava scatoletta e ci dava dentro in una sorta di bulimia. Non le interessava che fossero conservate in salamoia o sottoaceto, surgelate o sottovuoto, le accumulava.
Non le importava nulla del loro significato, nulla sapeva dell'etimologia, se le ingurgitava, non ne assaporava neanche più la consistenza.
Poi accadeva che ogni tanto  una di quelle parole addentate con tanta avida voracità si riproponesse, come succede ad un bel piatto di peperoni, mangiati con gusto, ma pesanti, pesanti da digerire.
Allora buttava lì, a fior di labbra un rosso mordigalline, una piemontite, un guiderdonare, una erubescenza, che tentavano di abbarbicarsi al contesto esattamente come un alpinista sugli specchi.
Alcuni astanti si inchinavano a tanto florilegio lessicale, ma si trattava di sempliciotti sprovveduti che si lasciavano ammaliare da quei suoni che solo ad articolarli riempivano la bocca della donna e le loro orecchie, agli altri, quelli che avevano la vaga idea di come si costruisce una frase semplice- soggetto, predicato, complemento oggetto- ( non dico quelle adornate da punti e virgola, due punti o da una suntuosissima consecutio temporum) insomma, alla portata di tutti, suscitavano grasse risate.
Così la donna portava la mano davanti alla bocca in un accenno di scuse e tirava dritto per la sua strada, quasi si trattasse di una imbarazzante digestione

8 maggio 2012

Il centro del mondo

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L'uomo aveva uno strano rapporto con il suo ombelico.
Era una sorta di tabù: come se quello potesse metterlo in contatto con una parte troppo intima di se stesso, con l'origine della sua esistenza, con il nocciolo del rapporto, naufragato, ma probabilmente non risolto, con sua madre.
Tutto era iniziato con un incubo fatto quando aveva circa otto anni e che era diventato il suo incubo ricorrente: aveva sognato di precipitare dentro se stesso attraverso il suo ombelico, completamente rivoltato come il dito di un guanto, a quel punto il suo mondo erano diventate le sue viscere e dal quel mondo caldo, soffocante e dall'odore dolciastro e nauseabondo non era uscito che dopo aver cacciato un lungo urlo che aveva svegliato fratello e sorella e che l'aveva lasciato terrorizzato ed in un bagno di sudore.
Nessuno era accorso a lenire il suo sgomento.
Da allora non l'aveva più toccato il suo ombelico, e non aveva neppure mai concesso di sfioralo alle donne che aveva amato.
Dalla porta di se stesso non voleva entrare e non voleva permettere a nessuno di varcarla

4 maggio 2012

Cucina assassina

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Lei dopo vari ripensamenti su cosa preparare per quell'uomo i cui occhi ed il cui sorriso le facevano tremare i polsi aveva deciso di cucinare qualcosa di speziato, ché si sa le spezie sono afrodisiache e poi se avessero mangiato entrambi la stessa pietanza che importanza poteva mai avere il sapore dei baci, sarebbe stato il sapore dell'amore.
Lui era decisamente raffreddato, un po' pallido, ma dando una rapida sbirciatina in cucina aveva visto lei tagliarsi affettando la carne e quel suo fugace gesto di suggere dal  dito ferito la stilla di sangue l'aveva acceso di smaniosa passione.
Così lei servì in tavola quando ormai la temperatura dell'incontro si era fatta elevata.
Pochi bocconi e l'uomo cadde ancor più esangue al suolo, a nulla valse ogni tentativo della donna di soccorrerlo.
Fu solo allora che lei si accorse della straordinaria lunghezza degli scintillanti canini dell'uomo


Straccetti di carne allo zenzero
400 gr di vitello, ma anche le fettine di tacchino vanno bene se si deve fare economia
30 gr di zenzero fresco
Prezzemolo
Sale
Vino bianco secco
Farina
Olio extravergine di oliva
Curry
Aglio 1 spicchio

Tagliate la carne a listarelle
Infarinatela
In una padella scaldate bene l’olio e mettete l’aglio se non piace appena apparirà dorato eliminatelo, se invece vi piace mettetelo spremuto e fatelo appassire
Fate rosolare la carne girandola da ambo i lati
Aggiungete una generosa spruzzata di vino bianco lasciate a fiamma alta per un minuto, poi riducete la fiamma al minimo
Una puntina di curry e i 30 gr di zenzero fresco grattugiato.
Quando il vino si sarà trasformato in una salsina densa aggiungere un po’ di prezzemolo tritato ed aggiustate di sale


Come contorno si può abbinare un’insalata fresca di stagione, ma anche della cicoria, o dei piselli


Tiffaniane perdonatemi la ricetta la conoscete già la postai nel 2009 ma non potevo resistere alla tentazione racconti e ricette mi pareva proprio apposta per me

2 maggio 2012

Come tutto ebbe inizio

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E' vero si era fatta più tonda, ma manteneva quella sua splendida luce, in certi momenti brillava proprio.
Era a quel punto della sua esistenza in cui doveva decidere: o buttarsi a capofitto, giù dritta, senza ripensamenti,o percorrere la strada che le rimaneva con solenne dignità, lasciando che fosse la sua stessa esistenza a disegnare la via.
Certo alcune nascevano nella gioia, ma lei no.
Come la maggioranza era stata partorita con dolore e quel dolore stava segnando la sua intera esistenza.
Ci pensò un attimo, trattenne il respiro e poi decise e si lasciò scivolare e quando, dopo l'ultima curva le labbra l'accolsero,il sale della sua essenza con l'ultima forza disegnò su di loro un sorriso.







immagine a. maineri

17 aprile 2012

Respiro di poesia

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L'uomo aveva gambe robuste e tornite, le mani erano un po' tozze e col tempo aveva perso qualche piuma, ma questo non lo rendeva meno affascinante. Aveva spalle ampie tra le quali addormentarsi al ritmo del suo respiro che era quello di una poesia, in quel respiro ci si poteva smarrire. La donna era una vecchia bambina - badate non una bambina vecchia- una bambina vecchia non avrebbe saputo che farsene di un respiro dal ritmo poetico, mentre una vecchia bambina ci viaggiava sopra come su un tappeto magico. L'uomo un giorno la prese per mano e le disse: "Posso farti volare". La vecchia bambina non aspettava altro che qualcuno la facesse volare ed andò con lui. L'uomo prese della carta di riso e forgiò due ali  e le allacciò con due fiocchi di organza ai polsi ed alle caviglie della vecchia bambina, poi le legò all'alluce del piede destro una bava d'angelo e tenne l'altra estremità  arrotolata in un rocchetto tra le sue mani un po' tozze ma non prive di grazia, baciò la vecchia bambina, la abbracciò, poi le si mise alle spalle e soffiò col suo respiro che aveva il ritmo di una poesia e la donna iniziò a librarsi in volo. Da principio la vecchia bambina si trovò a volare tra due rondini pazze che la salutarono festose, vide i colori della primavera e se ne inebriò, poi salì sospinta da una corrente ascensionale e vide dall'alto il mare e lo scintillio delle onde che si frangevano e si increspavano al vento, poi salì a bordo del sogno di un bambino e tutto le sembrò essere chiaro e semplice.
A volte sentiva tirare l'alluce del piede e guardava in giù: lontano lontano vedeva brillare al sole le poche piume dell'uomo dal respiro di poesia ed era certa di scorgene l'accenno di un sorriso e a quel punto volava sicura e felice poiché saperlo lì alla fine di quella bava d'angelo che sorrideva del suo volo la faceva stare bene e le dava la forza di continuare le sue esplorazioni. Poi si rese conto di non avvertire da qualche tempo più nessuna trazione all'alluce, guardò il suo piede e si accorse che la bava era stata tagliata. La vecchia banbina si spaventò e perse quota, scese in picchiata e quando ormai temeva di cadere fu salvata dalle fronde di un albero. Scese allora a terra e cominciò a cercare qualcuno che le sapesse dire dove si trovava e come tornare dall'uomo dal respiro di poesia. Giunse finalmente al luogo da cui aveva preso il volo, ma dell'uomo nessuna traccia. Un bel giorno le fu recapitata una lettera che diceva: "Ho visto che sapevi volare da sola, io mi ero stancato di reggere il filo". La vecchia bambina non si dava pace che l'uomo non avesse compreso che solo saperlo lì sotto poteva farla volare e che era il filo che li legava che la faceva librare leggera. Lasciò sempre un lume alla porta nella speranza di potersi addormentare ancora una volta al ritmo di un respiro di poesia ed in esso tornare a smarrirsi.

24 febbraio 2012

La luce, i colori

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Ricordava ancora la volta in cui aveva scartato uno dei regali più belli.
Da principio l'aveva scambiato per una confezione gigante di bolle di sapone, era un tubo di plastica rossa e l'idea di tutte quelle bolle che portavano a spasso arcobaleni presi in ostaggio l'aveva resa felice. Ma presto si accorse che no, non erano bolle e si rabbuiò, non era neppure una strana confezione di Lego, non era nulla di quanto avesse richiesto con dignitosa umiltà a Babbo Natale: solo un tubo di plastica rosso con un buco per parte.
Stava già per assumere la sua più tipica espressione imbronciata (neppure ora, ormai adulta, sapeva nascondere le sue emozioni, le si leggevano subito in faccia), quando uno dei grandi attorno a lei le disse "rivolgi il tubo verso la luce e guardaci dentro".
Scettica levò il tubo rosso e pensò che le avessero regalato un cannocchiale, ma non ambiva a fare  Jolanda la figlia  del Corsaro Nero e, dopo aver visto una compagna delle elementari con la benda correttiva non era più affascinata dai pirati.
Fu allora che esplosero le luci, i colori e quella girandola di forme che cambiavano ad ogni minimo movimento del suo polso.
I caleidoscopi creano dipendenza, uno sballo a buon mercato, peccato non si regalino più

2 novembre 2011

Perle

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La prima perla rotolò lungo il letto e quando cadde sul pavimento il suo tintinnio parve un boato, le altre che seguirono furono pioggia estiva dopo una grande siccità, quella pioggia a gocce grosse e gelate nell'arsura.
Il letto che era stato il campo della loro battaglia d'amore era sfatto come loro, madidi ed appagati.
Una delle minuscole sfere della collana non aveva seguito le altre e si era fermata tra i seni della donna ed ora l'uomo la prese tra le labbra e l'accompagnò a dimora nell'ombelico di lei.
E lì incastonata tremò tutta quando gli amanti iniziarono a ridere.