A cavallo tra gli ultimi anni 60 e l'inizio degli anni 70, sulle spiagge dell'alto Adriatico, era invalsa l'insana idea di reclamizzare un prodotto lanciando, da un piccolo aereo da turismo, sulle teste dei bagnanti, all'altezza del bagnasciuga dei piccoli paracadute di plastica con annesso un buono premio.Il premio consisteva in in un buono omaggio per l'acquisto del prodotto oppure in un vero e proprio premio.
Tralasciamo l'inquinamento causato dalla plastica dei paracadute e delle piastre del buono, in fin dei conti erano gli anni della cementificazione selvaggia dei nostri litorali, dello scarico diretto in acqua delle fogne e, nel mio caso, Marghera distava solo pochi chilometri in linea d'aria. Ma immaginate le scene apocalittiche che si svolgevano ad ogni passaggio dell'aeroplano. Praticamente una scena dello squalo di Spielberg alla rovescia, tutti che correvano selvaggiamente verso l'acqua.
Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare: adulti che rubavano il premio dalle mani dei bambini; bambini piccoli, che ignari giocavano con secchielli e palette, calpestati da folle che con il naso per aria guardavano solo a dove andare a pescare il paracadute; bambini che finivano al largo, dove non toccavano, per raggiungere le zone meno popolose ed accaparrarsi l'ambito premio; capocce che si scontravano generando rumori sinistri, nasi fratturati o nella migliore delle ipotesi, sanguinanti.
Il senno era perduto senza possibilità di rinsavimento.
Mia madre, saggia donna, con l'orecchio allenato,negli anni della sua infanzia, a riconoscere ben altri "doni" provenienti dal cielo, al sopraggiungere della missione di lancio, mi prelevava e mi metteva in salvo sotto l'ombrellone.
Invidiavo molto i pochi sopravvissuti che riuscivano portare a casa un metro e mezzo di altezza (2 Amande dell'epoca).
Un giorno mentre assistevo alla solita corsa al massacro, un unico refolo di vento (evento rarissimo nella palude padana)trascinò, praticamente in braccio alla sottoscritta, un paracadute e quello recava in dono proprio il galbaleone.
Quell'estate lo utilizzai come boa, canoa, surf ma soprattutto come amico immaginario.
Forse è questo il motivo per cui, per la mia foto del blog, ho scelto Calvin & Hobbes: sono rimasta all'amico immaginario.
La follia durò poco un'ordinanza mise fine al massacro collettivo ed il galbaleone finì come tutti i gonfiabili: bucato
3 commenti:
Ho avuto Ercolino semprimpiedi.
Era un cilindro con su disegnato Ercolino della pubblicità, e sotto aveva una zona da riempire con l'acqua. Era sempre in piedi e più alto di me.
Poi a quella età si cresce in fretta ,ed anche Ercolino, finì in un cesto e poi chissà...
Ricordo che ci vollero pochi punti, mentre ora devi acquistare un ipermercato .
L'amico immaginario l'abbiamo avuto in tanti, qualcuno, ogni tanto, ce l'ha ancora (come la sottoscritta, nei momenti difficili...)
Stamattina stavo per buttare l'ennesimo "reperto da spiaggia" recuperato da mio figlio: è una tessera quadrata gialla di plastica con la scritta, sbiadita ma leggibile: "CON QUESTO GETTONE POTRETE AVERE SUBITO GRATIS UN GALBALEONE BABY". Se non fosse stato per questo post non avrei mai scoperto la sua curiosa storia (e venerabile età!)... Avremo ancora diritto al galbaleone ;)?!
Laura
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