Questa mia cosa?? Eh eh, qui viene il bello, in effetti.
Innanzitutto grazie ad Alessandra che mi ha dato l’idea per questo post sul linguaggio in ufficio. Qui da noi, ogni santo giorno, bisognerebbe accendere un monitor con l’esclamazione esasperata di Nanni Moretti in Palombella rossa: «Ma come parli?!». In effetti, mi tocca sentirne parecchie.
Incominciamo dal capo: tendenzialmente barocco nelle espressioni orali e scritte, usa spesso la negazione a guisa di affermazione. Ossia: «una questione di non secondaria importanza». Non potrebbe semplicemente dire una questione importante??
Per lui gli argomenti sono sempre «di grande impatto» e ci vediamo regolarmente «tra sette minuti» (che poi diventano quaranta, quando non si dimentica del tutto).
Mi raccomando poi di seguire il Precetto Unico del Vero Capo: «lavorare al meglio essendo preparati al peggio», tenendo ben presente che «il meglio è nemico del bene».
Che fare, infine, quando si è nel campo «delle profezie che si autoavverano»? Qualcuno mi spiega che cosa vuol dire?.
L’intercalare preferito, è l’abusato «come posso dire…», seguito da un ponderato sospiro e da una smorfia che vorrebbe essere intellettuale.
La sua vice numero uno ripete a ruota un po’ troppo libera una sfilza infinita di «cioè cioè cioè cioè cioè», solo sporadicamente inframmezzati e completati da un «cioè… assurdo!!», formula olistica, utilizzata quale deus ex machina che risolve un concetto.
Quando siamo in riunione, conto tutti i cioè che riesce a sparare: la settimana scorsa, in venti minuti, ne ho contati ben 47. Nuova voce per la cabala: vice capo (fin troppo viva) che parla. E parla, parla, parla, parla, parla…
La vice numero due possiede l’eloquio di un cavernicolo. Glissons.
Er mejio: il collega la cui espressione preferita ha dato il titolo al post.
È una formula che usa con gli esterni dell’ufficio, quando deve consegnare loro qualcosa e, in questo modo, è convinto di aver finito il suo lavoro e, soprattutto, di aver ottenuto tutto quello che gli interessa. Cioè niente.
Pare che, prima dell’estate, lo abbia detto addirittura a un vigile! Il senso voleva essere: «accolga questa mia osservazione»! Ma il vigile, secondo voi, avrà capito? E, se sì, gli avrà aumentato l’importo della multa come avremmo fatto tutti, solo per quello che gli ha detto?
E adesso: fuori le vostre chicche!
Innanzitutto grazie ad Alessandra che mi ha dato l’idea per questo post sul linguaggio in ufficio. Qui da noi, ogni santo giorno, bisognerebbe accendere un monitor con l’esclamazione esasperata di Nanni Moretti in Palombella rossa: «Ma come parli?!». In effetti, mi tocca sentirne parecchie.
Incominciamo dal capo: tendenzialmente barocco nelle espressioni orali e scritte, usa spesso la negazione a guisa di affermazione. Ossia: «una questione di non secondaria importanza». Non potrebbe semplicemente dire una questione importante??
Per lui gli argomenti sono sempre «di grande impatto» e ci vediamo regolarmente «tra sette minuti» (che poi diventano quaranta, quando non si dimentica del tutto).
Mi raccomando poi di seguire il Precetto Unico del Vero Capo: «lavorare al meglio essendo preparati al peggio», tenendo ben presente che «il meglio è nemico del bene».
Che fare, infine, quando si è nel campo «delle profezie che si autoavverano»? Qualcuno mi spiega che cosa vuol dire?.
L’intercalare preferito, è l’abusato «come posso dire…», seguito da un ponderato sospiro e da una smorfia che vorrebbe essere intellettuale.
La sua vice numero uno ripete a ruota un po’ troppo libera una sfilza infinita di «cioè cioè cioè cioè cioè», solo sporadicamente inframmezzati e completati da un «cioè… assurdo!!», formula olistica, utilizzata quale deus ex machina che risolve un concetto.
Quando siamo in riunione, conto tutti i cioè che riesce a sparare: la settimana scorsa, in venti minuti, ne ho contati ben 47. Nuova voce per la cabala: vice capo (fin troppo viva) che parla. E parla, parla, parla, parla, parla…
La vice numero due possiede l’eloquio di un cavernicolo. Glissons.
Er mejio: il collega la cui espressione preferita ha dato il titolo al post.
È una formula che usa con gli esterni dell’ufficio, quando deve consegnare loro qualcosa e, in questo modo, è convinto di aver finito il suo lavoro e, soprattutto, di aver ottenuto tutto quello che gli interessa. Cioè niente.
Pare che, prima dell’estate, lo abbia detto addirittura a un vigile! Il senso voleva essere: «accolga questa mia osservazione»! Ma il vigile, secondo voi, avrà capito? E, se sì, gli avrà aumentato l’importo della multa come avremmo fatto tutti, solo per quello che gli ha detto?
E adesso: fuori le vostre chicche!
18 commenti:
Innanzitutto grazie ad Anna per la citazione..dunque come ho avuto modo di dire in più di un'occasione, la cifra del mio ufficio è il parlare sottovoce, ben attenti a non farsi sentire, c'è gente che ha vere manie di persecuzione...che poi sono le caratteristiche del mio capo che gli altri hanno mutuato in toto...La frase ricorrente del mio capo è "pare brutto", che si riferisce a tutto quello che ci può far fare brutta figura col cliente, da un segno di punteggiatura mancante in una comunicazione (ha la nevrosi della grafica perfetta!), a una scrivania non ordinata come lui vorrebbe (la sua però è un disastro of course); l'altra sua frase ricorrente è "ti chiamo fra 5 minuti" o "ci vediamo fra 5 minuti" e tutti sappiamo che vuol dire fra 3 ore se non domani...per il resto tra il solito gruppetto di colleghe pettegole che quando ti squilla il telefono ti chiedono se è un uomo o ad ogni cambio di look o di taglio di capelli ti sfiniscono di domande per sapere se hai un nuovo amore, fra colleghi dimenticabili che dicono una parola al giorno (ah i famosi orsi abruzzesi!)spicca un collega che da come parla si crede Tronchetti Provera in persona e fa continui sproloqui su business plan e robe del genere come se il futuro dell'Italia dipendesse da lui...ah che bestiario!!!
Che odio che ho per
'' ..in pratica ''
perchè tradurre il discorso praticamente, perchè dire le stesse cose semplificandole
''in pratica''.
Una cosa detta è quella o hai paura di non essere compreso ?
Ma è colpa nostra o tua ?
Anzitutto: che bel post!!! :)
Credo che vi deliziero' per qualche giorno e vi procurero' non poche risate.
Collega bestemmiatore: ogni tre parole, due sono bestemmie; e' riuscito ad infilare una frase molto colorita con diversi santi e animali a gogo' anche nel codice di un programma. Frase preferita: "...omissis...", ehm, meglio di no.
Gran capo: "...fammi capire": ogni intervento altrui lo interrompe sul nascere con questa frase.
Ancora: "puntuali, mi raccomando!". Alle riunioni tutti devono essere iperpuntuali, salvo poi stare ad attendere lui che finisca con le sue cose... ma e' simpatico e si scusa sempre anche per un minuto di ritardo.
Il signor NO, detto cosi' perche' interrompe i discorsi altrui con "NO!"... lo guardi, gli dici "eeh?" e lui "NO!". Ci sta qualche minuto a ricostruire tutto il discorso precedente, poi si accorge di essere d'accordo con quello che hanno detto gli altri.
Collega "d'altronde e' cosi'": ho detto tutto. A volte condisce con "del resto..." e straborda con citazioni latine a sproposito.
Collega international: per lui io sono il key account, la collega e' trendy, il customer, la satisfaction, the ultracooked (lo stracotto, giuro l'ha detto!).
Adesso scappo a nanna :)
g.
"D'altronde è così" è un classico! In quanti lo dicono!
The ultracooked, invece, la rivendo: è eccezonale nella sua assurdità!!
Mr. "ultracooked" e' lo stesso che vanta innumerevoli corsi al Florence British Institute :))))
Fa quasi "pandan" con me che dovevo spiegare ad un mangiabaguette francese che la "stasion" (la gare, ça va sans dire) era 300m in la :).
g.
La "stasiòn"!! Bellissima!!!
Dimenticavo un'altra nevrosi del mio capo che è rivenuta fuori poco fa...non vuole delegare niente, vuole controllare tutto...ma come si fa?
Un saluto a tutti
@AnnaS e Amanda grandi intenditrici di libri
Ho ritrovato un libro che avevo comprato di Antonia S.Byatt che era uscito credo con Repubblica che faccio mi cimento? Avete letto qualcosa di suo?
Molti anni fa parlando con una persona questa mi disse : "va bene, facciamo un frufrè " intendendo dire forfait.
Da allora "frufrè" per forfait è entrato nel linguaggio comune dei miei amici : "domani frufrè" sta per "domani non posso...."....
Per il resto che dire?
io sono il mio capo .......
@Giulio, com'è essere capi di se stessi? Ovvero: dicci come parli e ti diremo che sei.
Posso usare anch'io l'eccezionale frufrè? Ovviamente mi impegno a citare la fonte.
@alessandra, ma certo! Le ho dedicato un incipit. Io ho letto "Possessione" che ti consiglio spassionatamente e i racconti "Zucchero, ghiaccio, vetro filato", molto belli anche loro. Tutti i suoi libri sono pubblicati da inaudi. Ora recupero l'incipit e ti indico la data.
@alessandra, è l'incipit del 28 luglio
@ Anna
Essere il capo di me stesso significa perdere un'ora su internet e poi rimanere a lavorare fino a tardi per recuperare e zittire i sensi di colpa.... credimi, non saprei dire come parlo e, anche se tentassi, non sarei obbiettivo ....
Sei certamente autorizzata ad adottare frufrè.... anche a tutti i miei amici è subito piaciuta e la usiamo molto, del tipo "mi spiace, stasera frufrè, facciamo domani ?" oppure "ma viene Stefania ? : no, frufrè " etc etc
e suona meglio di bidone et similia
Bene, la sfoggio immediatamente anche col capo: "E' pronto il preventivo?"
"Sì, ho proposto un frufè!" (me lo approva subito)
Non c'è paragone, molto più elegante!
@AnnaS
Grazie, ho recuperato l'incipit e mi sa che comprerò anche Possessione (quello che ho io è Zucchero), che da quanto hai scritto mi sembra molto bello..fra l'altro voglio sfogliare il vostro bellissimo blog a ritroso, dato che sono nuova, ho visto tanti bei post e userò gli incipit come suggerimenti per l'acquisto di libri...anche se a casa mia ormai le librerie sono piene, non ho quasi più spazio; quando vivevo a Roma prendevo tutto in prestito in biblioteca, lì erano molto forniti e arrivavano anche le novità, qui in Abruzzo invece la biblioteca non è molto fornita e le novità non arrivano..
Lo so, sarebbe meglio comprarli, ma la questione spazio è vitale e anche quella denaro di questi tempi..
ah come mi mancano le biblioteche di roma, ho visto la sala borsa di bologna, è bellissima, fanno anche tantissimi corsi in quella biblioteca, è proprio in piazza maggiore, il mio consiglio a tutti i bibliofili e musicofili è di passarci in caso di una gita da quelle parti
@alessandra, grazie! Anche del consiglio bolognese che seguirò senz'altro. Da Milano, se e quando la Freccia si degna di funzionare, ci vuole un'ora: in realtà ci metto di più a fare Gallarate-Milano che Milano-Bologna!
La sala della borsa a Bologna ?!
Sempre , non deve mancare una visita ogni volta che ci torno.
E vi consiglio anche la fantastica libreria nei pressi di Piazza Maggiore della Coop .Non ricordo come si chiama ,magari mia sorella lo sa, ma è fantastico scorrere tantissimi libri, consumare uno stuzzichino , un happy hour.L'ultima volta che ci sono stato ho sfiorato la presentazione di Margaret Mazzantini : ne son venuto a conoscenza troppo tardi, peccato.
Ma non mancate ,se siete a Bologna, di andarci.
Bologna è grandiosa...peccato non viverci e averci fatto l'università, è un mio grande rimpianto!Tutto quello che è Emilia Romagna mi attira..
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