22 agosto 2011

Non nel mio nome












Spett.le colecciones@inditex.com



Dopo aver appreso dai GR nazionali il vostro sistema di sfruttamento dei lavoratori in Brasile, ho deciso di non acquistare più abiti del marchio ZARA e di chiedere a quanti conosco di appoggiare la mia scelta.
Senza un abito si può vivere, con la coscienza sporca no

6 commenti:

sergio pasquandrea ha detto...

il problema è che, se dovessimo seguire questa (sacrosanta) logica, bisognerebbe tornare a mangiare le verdure del proprio orticello e a filarsi i vestiti da soli.

(e io morirei di fame nel giro di un mese, con i vestiti ridotti a brandelli).

amanda ha detto...

@Sergio:sono d'accordo sul fatto che ormai la maggior parte delle cose che utilizziamo vengono prodotte sfruttando il lavoro della gente oltre quelli che fino a poco tempo fa venivano considerati i normali parametri. Io stessa sono stata una precaria ospedaliera sottopagata per circa 10 anni con contratti a termine, ma tra questo e la schiavitù ci sono una serie infinita di situazioni intermedie, specie se parliamo di marchi famosi con grandi entrate è doveroso richiedere che non si arrivi al sequestro del dipendente e ad orari di lavoro che ci portano direttamente a ricordare le operaie segregate ed arse vive che commemoriamo ogni 8 marzo

Sara ha detto...

Non vorrei sembrare sgradevole, vista la serietà dell'argomento , per altro nei giorni scorsi avevo fatto girare la notizia nella mia messaggeria sindacale, ma oltre tutto mi sembrano vestiti veramente di modesta qualità. Cattivi due volte!
Forse dovremmo attrezzarci per qualche Swap party interprovinciale.

Alle ha detto...

Non ho sentito la notizia, vado a documentarmi. In generale credo che i lussi e i beni di consumo dell'occidente oramai siano prodotti solo grazie allo sfruttamento dei popoli più poveri. Diventa difficile restarne fuori completamante, ma penso che quando si viene a conoscenza di certe situazioni, vedi Zara, qualcosa nel nostro piccolo possiamo fare. Almeno evitando di comprare quel marchio possiamo fare intendere che certe situazioni non le appoggiamo. Noi consumatori siamo sfruttati in maniera diversa, ma almeno possiamo decidere se comprare o no.

claudia ha detto...

Io sottoscrivo in pieno ilpost.
Non avevo sentito la notizia, ma se é così credo che ognuno nel piccolo abbia un po' di responsabilità, almeno nel momento in cui sceglie a chi dare i propri soldi.
Già da tempo ho eliminato alcuni marchi dai miei acquisti e già da tempo compro verdura e frutta da un GAS, non perché ci tenga particolarmente al biologico, ma perché almeno ho la speranza di contribuire all'economia della mia zona e so che non c'é sfruttamento dietro l'apparenza di una frutta sottocosto.
Poi é vero che ad essere drastici ci si dovrebbe cucire i vestiti da soli e coltivare la verdura in casa. Non sono così ipocrita da pensare che chi non finisce sui giornali è per ciò stesso eticamente responsabile. Ma finché non lo so posso permettermi il beneficio del dubbio....

alessandra ha detto...

Grazie Amanda di avercelo detto.
Sara davvero dovremmo tornare al baratto, sarebbe bello scambiarci i vestiti e rinnovare l'armadio :-)