16 agosto 2012

Altre infanzie







Quando esco dall'ambulatorio dove in questo periodo svolgo l'attività pomeridiana devo aspettare il bus ad un fermata assolata, fortunatamente alle spalle della fermata c'è un piccolo giardino con due panchine, una delle quali, verso le cinque del pomeriggio è, per mia fortuna, all'ombra.
Da una settimana i giardini, in quell'orario, sono frequentati da diversi nuclei familiari rom o sinti, non sono in grado di distinguere, probabilmente hanno un parente ricoverato nel vicino ospedale, di solito presidiano l'ospedale in quelle occasioni.
C'è  sempre una dozzina di bimbetti bellissimi e lercissimi con loro, i più grandi indossano scarpe, i più piccoli sono scalzi e a malapena indossano una maglia a mo' di vestito che non conosce acqua e sapone da tempi immemorabili. L'altro giorno i più grandi sono corsi a giocare verso la strada, molto trafficata, i più piccoli ovviamente li hanno seguiti, mi sono resa conto che, dove si stavano dirigendo, c'era un tappeto di vetri rotti ed ho cercato di avvisare le madri che stavano vivacemente discutendo tra loro e non mi hanno minimamente degnata. Ad un certo punto la più piccola è scesa sui vetri, per un attimo, perché poi i più grandi sono tornati sul prato e lei ha cercato di seguirli. In quel preciso istante ha fatto una smorfia terribile, si è presa il piedino tra le mani, non sanguinava, forse perché dopo un anno senza scarpe anche i piedi dei bimbi hanno un bel callo, si è piantata lì con il piede in mano, ha urlato per attirare l'attenzione, non è stata badata minimamente, ha fatto una seconda smorfia e poi, per il dolore si è pisciata addosso. Ho attirato l'attenzione del gruppo di adulti sulla bimba e finalmente un uomo si è alzato ed è andato a soccorrerla ringraziandomi.
Io avevo passato la mattina a togliere una spina dalla pianta di un piedino di un bimbo poco più grande dopo avergli messo la pomata anestetica un'ora prima ed a medicarne un altro che si era tagliato con lo spigolo di una finestra e dentro di me fremevo per la rabbia. 
So che quei bimbi non ci sarebbero se non fossero così ma proprio non riesco a non sentire rabbia per chiunque procrei e non si investa della responsabilità di quel gesto, anche se probabilmente in questo caso il genitore ha subito il medesimo trattamento nella sua infanzia.

8 commenti:

Franz ha detto...

La conclusione di questo vivo racconto mi ha un po' spiazzato.
Tutto lasciava prevedere, nelle mie aspettative, la considerazione su quanto i bambini lasciati alla loro naturale indole selvaggia possano crescere più forti, autentici e autonomi, rispetto a quelli sottoposti alle cure, e quasi sempre alle ansie continue, dei genitori (o, per meglio dire, dei grandi che si curano di loro, di solito i nonni).
Probabilmente, come sempre, la verità sta nel mezzo: attenzione e vigilanza discrete, e capaci di riconoscere i soli pericoli più gravi, come forse nel caso di quei vetri.

amanda ha detto...

Franz una bimba che per il dolore si fa la pipì addosso, dopo aver cercato di attirare l'attenzione dei grandi invano non può che farmi incavolare allo stesso modo del bimbo che diventa ingestibile socialmente perché tenuto sotto una campana che non gli permette di esperire il mondo, di fruirne.
Noi giocavamo all'aperto, spesso qualcuno si sbucciava le ginocchia, qualcuno è finito anche al PS ma c'era sempre un adulto a vigilare che non si andasse oltre

antonio lillo ha detto...

è la legge dei gatti selvatici, ma immagino che trovarselo davanti sia più forte di qualsiasi ragionamento a freddo...

amanda ha detto...

io non riesco davvero a concepire l'indifferenza per il dolore altrui chiunque esso sia, se poi chi soffre è tuo figlio mi sembra davvero osceno

oriana ha detto...

sono con te Amanda,lasciarli si, liberi di sbucciarsi un ginocchio, ma essere pronti a soccorrerli al bisogno.

Alle ha detto...

Probabilmente per loro vale il detto "quello che non ammazza fortifica", ma è vero non si può guardare un bambino soffrire e sono convinta che sia dovere di ogni adulto impedire che questo accada. Perchè un bambino è solo un essere indifeso, inesperto e senza possibilitá di scelta. Quella pipì mi fa pensare ad una sofferenza non solo fisica. Se bisogna fortificare ci sono ben altri modi.

Emilys ha detto...

giusto per sottolineare che la superficialita' e il disinteresse sono trasversali ai ceti e alle origini: l'altro giorno mentre passeggiavo con Rocky ho visto su un balcone al secondo piano ,di quelli in ferro battuto con un sacco di appigli, un bimbetto sui tre anni che si arrampicava fino in cima e puntava i piedini per dondolarsi.Nessuna presenza adulta nei paraggi...Non volevo spaventarlo quindi non ho gridato mi sono avvicinata e per fortuna e' sceso da solo ed e' rientrato in casa....anch io mi sono arrabbiata come Amanda perche era un bimbo dimenticato ( non rom, 100% brianza direi..). ...

amanda ha detto...

vedi Emi hai compreso perfettamente cosa intendevo