10 agosto 2010

Incipit del 10 agosto 2010


"A tutti i nostri ascoltatori
a chi ha trovato il suo altro lato
e a chi lo sta ancora cercando."

"Che il nostro paese abbia la surreale capacità di far scappare all'estero i propri talenti è un'amara verità. Ma non ci sono solo i cervelli in fuga tra quelli che si imbarcano per un viaggio di sola andata. Ci sono anche dei creativi. Dei visionari. Degli ostinati. Degli espatriati per caso. Sono tanti quelli che si sentono fuori luogo in Italia, e proprio una volta fuori dall'Italia cercano (a volte senza trovarlo) e trovano (a volte senza cercarlo) l'habitat ideale per i loro sogni, i loro progetti e le loro fantasie. Il nostro paese è arido e avaro di stimoli e opportunità per chi ha voglia di osare. Chi ha una passione, un'intuizione, un sogno nel cassetto, un progetto, troppe volte deve andare via, lontano dalla madrepatria, che delude e disillude. Che non capisce. Che è sempre distratta nel comprendere dove siano il merito e il valore.
Poi, c'è anche chi va all'estero perchè a casa non sa cosa fare della propria vita o perchè pilota e orienta il proprio destino in quella direzione, oltreconfine, facendo in modo di essere la persona giusta al posto giusto nel momento giusto. Sono storie di donne e uomini normali, che non hanno fatto altro che seguire, per centinaia di chilometri, la propria vocazione. Moderni ed eroici interpreti della globalizzazione e simpatici avventurieri, con pochi rimorsi e pochi rimpianti"

"Fuori luogo - Inventarsi italiani nel mondo" Federico Taddia - Claudia Ceroni
Serie Bianca Feltrinelli - 2010

Questo libro è stato la piacevole e intelligente compagnia dei miei primi giorni di mare. Le storie sono alcune delle tante raccontate durante la trasmissione "L'altro lato" che rimpiangiamo tutti. Federico e Claudia (coautrice del programma della ahimè vecchia radio due oltre che persona deliziosa) ci fanno fare la conoscenza con questo mondo variegato di migranti sui generis, Ilaria (appassionata studiosa di scimmie urlatrici), Marco (che, folgorato dalla visione di una scena di Karate Kid, decide di studiare l'arte del bonsai e diventa uno dei maggiori bonsaisti al mondo), Licia (sacerdote anglicano a Phoenix), Lorenzo (designer del silenzio), Daniele (architetto di case sugli alberi), Cristiano (organista bianco di una chiesa del Bronx), Giovanni (pensionato-studente per scelta alle isole Svalbard), Dario (zoomusicologo in un'università finlandese), Marta (la fotografa delle dolci attese).....
Mi hanno colpito in particolare due storie, Sergio che, scappato da Torino negli anni ottanta perchè gli sembrava una città spenta, adesso è il direttore di Idea Store a Londra, una catena di biblioteca pubbliche molto innovativa, che è riuscita a far diventare la biblioteca un luogo di aggregazione e un punto di riferimento per il quartiere anche in zone periferiche con uno scarso interesse per la lettura. E poi la storia di Giorgio, un idealista bolognese che ha aiutato gli africani a costruire delle radio nei loro paesi e continua a farlo, permettendo anche a sperduti villaggi di tenersi in contatto e comunicare con altri.
Storie di persone tenaci e sognatrici che hanno seguito la loro vocazione, perchè come dice bene Marco il bonsaista "ci vuole un bel coraggio a non fare quello che la nostra vocina interiore ci dice di fare".

8 commenti:

amanda ha detto...

bisogna avere la sensibilità di un Taddia e di una Ceroni per scegliere in decine e decine di storie di italiani in fuga, quelle più particolari, quelle più magiche, quelle più esemplari di quanto matrigna sia questa italia per i suoi figli

oriana ha detto...

ammiro infinitamente chi ha il coraggio di dare una svolta così drastica alla propria vita e cercare un'altra opportunità all'estero, ma a fronte di quei pochi che ce la fanno, quanti periscono? Sono una codarda ormai è risaputo.

amanda ha detto...

secondo me non è questione di essere codardi, ma Oriana vedi, basta avere contatti anche sporadici con realtà lavorative affini alla propria all'estero per rendersi conto di come l'esperienza, l'intelligenza, la creatività altrove vengano infinitamente più premiate e sostenute e remunerate rispetto a qui

oriana ha detto...

probabilmente hai ragione Amanda, perchè specialmente nel campo della ricerca il nostro paese è ancora fermo al palo, però ti racconto di un mio cugino. Giovane medico pieno di entusiasmo, sposato da poco vince una borsa di studio e va negli Stati Uniti, grandi soddisfazioni e riconoscimenti anche economici, la possibilità di collaborare a grandi progetti, la realizzazione dei suoi sogni. Nasce il primo figlio, tutto bene grande gioia. Nasce il secondo figlio, tutto bene, ma comincia a porsi i primi problemi. Finale, sono tornati in Italia, perchè ha scelto di non privare i figli dell'affetto della famiglia e le loro radici culturali che soltanto l'amore dei rispettivi nonni avrebbe potuto trasmettergli. Ha prevalso il suo lato affettivo.

amanda ha detto...

non lo metto in dubbio, ma ha avuto una scelta: qui che scelta aveva? Sicuramente non avrebbe fatto due figli, o non almeno con i tempi con cui ha deciso l', perchè lì sapeva che poteva permetterseli, qui no

alessandra ha detto...

Anche io avrei grande difficoltà a staccarmi in modo definitivo dalle mie radici, non tanto dalla mia città che non amo molto, ma dalle persone care, dall'Italia, farei fatica a tenere i miei figli lontani, se li avessi, dai loro nonni...questo forse perchè non ho una vocazione professionale forte che mi chiami altrove, che so chi fa ricerca medica, se ha una fortissima passione, spesso deve espatriare come fece a suo tempo la Rita Levi Montalcini...lavorare all'estero è comunque più soddisfacente in molti campi.
Però una cosa la farei sicuramente se avessi ventanni adesso, l'Erasmus in primis, ma soprattutto qualche anno all'estero dopo la laurea, verso i 25 anni, quando non hai ancora legami, magari hai solo il moroso e allora condividi l'esperienza all'estero con lui, i tuoi genitori sono ancora giovani e non hanno bisogno della tua vicinanza, e poi hai una mente ancora disposta ad adattarsi a tutto, anche a vivere in brutti appartamenti con gente strana :-)
ho sentito i racconti di chi ha fatto questa esperienza a Roma o Berlino, è stato bello cominciare il primo lavoro all'estero, conoscere tanti ragazzi stranieri...ecco adesso farei più fatica a vivere in un appartamento londinese con un senso tutto inglese della pulizia, trovandomi uno sconosciuto nel bagno che magari ha passato la notte con la mia compagna d'appartamento :-)

amanda ha detto...

la convivenza è una bestia difficile da digerire :-)

maria grazia ha detto...

si credo che l'esperienza di studio all'estero aiuti a crescere, col senno di poi dico che avrei dovuto impormi con i miei genitori, ma i tempi erano diversi, se ora fossi genitore farei in modo di far fare questa esperienza ai miei figli, non farei come una mia amica, che si è disperata per mesi perchè la figlia dopo il lieceo ha detto che non voleva iscriversi all'università, voleva andare a Londra a lavorare e studiare, ora è tornata e parla perfettamente l'inglese.
Ho divagato...
Venendo al post, credo che la spinta ad andare all'estero venga dalla fiducia in sè stessi, ma soprattutto dalla perfettamente comprensione della società in cui si vive, se un laureato vede che pur avendo le capacità qui non trova nessuno che gli dia fiducia perchè non ha la spinta giusta, non ha alternative.
All'estero sono molto piu' disposti a riconsocere le capacità senza guardare le spinte, il problem pero'0 motle volte si ripropone quando i "nostri cervelli" tornano, soprattutto per motivi affettivi, come nel caso che raccontava Oriana.
Mi ricordo una bella inchiesta fatta da Iacona su Rai tre proprio su questo argomento, all'estero fanno ponti d'oro ai nostri laureati, perchè fino ad ora le nostre università preparavano comunque benissimo, meglio di tante altre università straniere.